Dallo scorso ottobre è tornato agli antichi splendori, a dominare maestosamente il Parco Mediceo di Pratolino, un’oasi verde a pochi chilometri da Firenze: per chi è appassionato di scultura cinquecentesca, ben sa che stiamo parlando del Colosso dell’Appennino. Chi, invece, è incuriosito da uno storico detto che recita “Giambologna fece l’Appennino, ma si pentì di averlo fatto a Pratolino”, farebbe bene a lasciarsi ammaliare da questa straordinaria opera d’arte che rappresenta una figura mitologica posta a protezione del parco. Come la rima enuncia, infatti, se la sua collocazione fosse stata magari a Piazza della Signoria a Firenze invece che tra le selve del gigantesco parco, avrebbe senza dubbio rappresentato uno dei più formidabili spettacoli scultorei del mondo.
Bisogna innanzi tutto capire la personalità del suo autore, Giambologna, pseudonimo del fiammingo Jean de Boulogne, considerato il più grande sculture del Cinquecento dopo Michelangelo, molto attivo in Italia soprattutto a Firenze. Tra le sue opere principali vanno ricordate il Mercurio del Bargello in bronzo, la statua di Venere anadiomene di Villa della Petraia, alcune decorazioni del Giardino dei Boboli, la Fontana del Nettuno di Bolgona, Ercole e il Centauro e il celebre gruppo del Ratto delle Sabine con la sua complessa struttura sviluppata secondo l’elegante modulo della linea serpentinata.
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La pittoresca invenzione allegorica dell'Appennino nella villa medicea, dove il Giambologna riuscì a ottenere un mirabile accordo tra scenario naturale e forma plastica anticipando certi aspetti del gusto barocco, fu realizzata tra il 1579 e il 1580. La sua altezza arriva a 14 metri e presenta al suo interno una grotta esagonale dove si trova una scala che porta fino alla testa della statua: da qui si può ammirare l’effetto della luce che entra dagli occhi illuminando la grotta. All'esterno la statua è ornata di spugne e concrezioni calcaree, dalle quali versava l'acqua nella piscina sottostante, mentre il drago fu un’aggiunta seicentesca ad opera di Giovan Battista Foggini. Dietro la gigantesca scultura un tempo c’era un grande labirinto di alloro e di fronte un ampio prato delimitato da 26 antiche sculture.
Della villa medicea originale è rimasto ben poco, considerando che anche il nome è cambiato, diventando Villa Demidoff dal nome della famiglia russa che l’acquistò nell’Ottocento, ormai in decadenza, dopo che il signore di Firenze che l’aveva fatta costruire, Francesco I, aveva passato anni a dedicarsi al riposo e alle distrazioni passeggiando tra i sentieri immersi nel bosco ordinato e tra i vialetti dei giardini, ammirando nella quiete più assoluta il Colosso dell’Appennino che si erge dal nulla. La statua sta a simboleggiare che il signore di queste terre, nonostante gli sforzi umani per cercare di abbassarla al suo potere, non può nulla contro la Natura che regna sovrana assoluta. Oggi è diventato un parco pubblico, a cui si può accedere gratuitamente, aperto tutti i sabati dell’anno e le domeniche nei mesi estivi. Insieme al Giardino dei Boboli e ad altre 12 ville medicee il Parco del Pratolino è entrato tra i Patrimoni dell’Umanità dell’Unesco, fatto che riempie d’orgoglio tutti i fiorentini e la provincia di Firenze.
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