Il Piano Nobile si trova sopra il celebre Caffè Pedrocchi, costruito tra il 1826 e il 1842 da Giuseppe Jappelli. La struttura è composta da una successione di stanze, ciascuna arredata e decorata in modo da ricreare l'ambientazione tipica di un determinato periodo storico. Questa realizzazione è in linea con l'eclettismo ottocentesco, il gusto e l'interesse per gli stili passati.
Nel 1816 Antonio Pedrocchi, figlio di un caffettiere di origine bergamasca, nell’intento di ingrandire il suo caffè e di farne “il più bello della terra”, acquistò un gruppo di casupole che sorgevano a nord della sua proprietà. Fu incaricato del progetto il grande architetto veneziano Giuseppe Jappelli che nel 1826 diede il via ai lavori nel corso dei quali vennero alla luce importanti frammenti architettonici di età romana ora conservati ai Musei Civici agli Eremitani. Jappelli, trasferendo in architettura una visione laica e illuminista della società, ne fece il suo capolavoro, creando uno dei simboli della città. Risolse il difficile problema di coordinare facciate spazialmente diverse, insistenti su di un’area grosso modo triangolare, costruendo dal lato della piazzetta Pedrocchi due corpi con logge doriche unite visivamente da un’altra loggia corinzia al piano nobile. L’interno si articola sulla monumentale e centrale sala rossa con emiciclo nel fondo, tripartita da colonne ioniche e decorata alle pareti da grandi carte geografiche. Ai suoi lati simmetricamente si aprono la sala bianca a sud e la sala verde a nord in corrispondenza delle logge.
Il piano superiore fu aperto nel 1842, in occasione del Quarto Congresso degli Scienziati Italiani e fu concepito per ricoprire la funzione di ridotto. Il suo solenne ingresso è posto in una delle due logge; lo spazio si apre con uno scalone d’onore che si conclude in un nicchione decorato a stucco con l’immagine di Muse danzanti. Tutte le sale ruotano intorno alla sala da ballo dedicata a Gioacchino Rossini, grande vano doppio in altezza rispetto agli altri, dall’abbagliante decorazione impero, tutta inneggiante alla musica. Continuazione del vestibolo etrusco, e parallela a questa, è la sala greca, decorata da un affresco di Giovanni De Min rappresentante l’incontro tra Diogene e Platone. Segue un piccolo ambiente a pianta circolare, la sala romana, decorata nel 1841 dal bellunese Ippolito Caffi con vedute romane: Castel S. Angelo, il Foro romano e quello di Augusto, la Colonna Traiana, forse le pitture più interessanti dell’intero complesso.
Alla sua sinistra la sala rinascimentale, con la pittura del soffitto di Vincenzo Gazzotto rimasta incompiuta; si conserva qui parte degli arredi originali; su di un lato la sala dà sulla terrazza del prospetto meridionale, dall’altro si entra nella saletta ercolana, decorata da Pietro Paoletti con il Trionfo di Diana sul soffitto, e sulle pareti con altri episodi collegati al mito della dea. Dal lato opposto della sala da ballo, la sala egizia, omaggio al noto scopritore di antichità Giovan Battista Belzoni, con il quale Jappelli aveva avuto contatti personali. La concatenazione di questi ambienti vuol ripercorrere ecletticamente gli stili del passato, quali momenti di autonomo apprezzamento estetico in clima di revival.
Nel 1891 Domenico Cappellato Pedrocchi, figlio adottivo del fondatore Antonio, lasciava il Caffè al Comune di Padova con il vincolo di “conservare l’uso dello stabilimento “come trovasi” nulla trascurando onde possa mantenere il primato in Italia”.
[Fonte: ARTE.it]