La città di Prato è indissolubilmente legata alla leggenda della Sacra Cintola, che la tradizione vuole sia la reliquia della Beata Vergine. La venerata cintura è custodita nel Duomo e si presenta come una sottile striscia lunga 87 centimetri di lana finissima di capra, broccata in fili d’oro, di color verdolino. Per secoli è stata il tesoro più prezioso di Prato nonché simbolo indiscusso delle sua storia, custode di un affascinante intreccio di arte, devozione e credenza popolare.
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La leggenda vuole che la cintura sia stata trovata da San Tommaso a testimonianza dell’Assunzione della Vergine in Cielo: aprendo il sepolcro trovò solo la cintura dell’abito, lasciata per confortare la sua fede. Prima di partire per le Indie, Tommaso affidò la reliquia ad un sacerdote di rito orientale per poi arrivare, dopo varie vicissitudini, tra le mani del mercante Michele da Prato che soggiornava a Gerusalemme, con il desiderio di donarla in dote per il matrimonio con la discendente del sacerdote. In punto di morte Michele rivelò l’importanza del suo tesoro e lasciò la reliquia al magistrato civile e al preposto della Pieve di Santo Stefano. Ben presto la preziosa cinta divenne oggetto di venerazione e per questo mostrata a papi, principi e personaggi illustri. E venne anche esposta al popolo per invocare l’intercessione della Madonna.
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E’ stato proprio grazie alla presenza della Sacra Cintola che il Duomo, tra la fine del Trecento e la prima metà del Quattrocento, si è arricchito di mirabili opere d’arte. Tra queste gli affreschi di Agnolo Gaddi nella cappella che custodisce la cinta, lo straordinario pulpito esterno di Donatello e Michelozzo, gli affreschi di Paolo Uccello e Filippo Lippi. La predella, quella fascia dipinta divisa in più riquadri che faceva da corredo alle pale d’altare, venne dipinta introno al 1337 con le storie della Sacra Cintola ad opera di Bernardo Daddi. Si tratta della narrazione pittorica più antica giunta fino ai giorni nostri, inserita tra i capolavori della collezione del Museo di Palazzo Pretorio. La reliquia si può ammirare in cinque momenti dell’anno: migliaia di persone accorrono all’evento, perché solitamente è custodita in un forziere, nell’altare della Cappella, chiuso con tre chiavi: una è conservata presso i canonici della Cattedrale, le altre due presso il Comune.
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