In Cile sono considerate un autentico piatto nazionale. Anche se hanno tanti "cugini" e "fratelli" sparsi in tutto il mondo. Parliamo delle empanadas, i fagottini di pasta ripieni di verdure e/o carne. Molto famosi anche in Argentina, Filippine e America Latina. Il suo nome deriva dall'empanar castigliano, il cui primo significato è «racchiudere qualcosa nell'impasto o nel pane per cuocerlo nel forno».
Si racconta che la ricetta provenga dagli Spagnoli che, a loro volta, l'appresero dai popoli arabi del bacino del Mediterraneo. Tutto parte dalla consueta usanza di riempire il pane con cibo o verdure, che pastori e viaggiatori portavano con sé durante la giornata lavorativa. Nulla di nuovo, effettivamente. Basti pensare al kebab e al gyros pita. Un'usanza che è facilmente spiegabile per la sua praticità: nel Medioevo, infatti, uno degli scopi più importanti di queste preparazioni era quello di preservare la carne per diversi giorni.
Questi, come standard, hanno la forma di una mezzaluna e una lunghezza di circa 12-15 cm. Possono essere fritte o cotte nel forno. In quest'ultimo caso si spennellano con uovo sbattuto per lucidarle prima della cottura. Si preparano, quasi rigorosamente, con la farina di mais. Dentro, generalmente, carne di manzo tritata, cipolla e altri ingredienti tipici come spezie, olive e uova sode.
Le versioni più popolari delle empanadas cilene sono quelle "de pino", un chilenismo per designare la miscela stagionata di carne macinata, cipolla, uova sode, olive, uva passa. Si consumano soprattutto a settembre, durante il mese della Patria, generalmente accompagnati da arrosti e vino rosso. Famose anche, nella zona di Pomaire, quelle "mezzo chilo", cotte in un forno di argilla, con un ripieno di pollo. Molto richieste, infine, le empanadas di pesce, molto popolari durante la Settimana Santa, ripiene di jaibas o ostriche con formaggio, o con una combinazione di vongole, noci e cipolla bianca tritata.