Era la seconda metà del XVII secolo quando il nobile veneziano Zuane Francesco Barbarigo prima ed i figli Antonio e Gregorio poi, donarono a Valsanzibio, unica frazione del Comune di Galzignano Terme, alle porte di Padova, lo splendore che tuttora lo contraddistingue. Il primogenito Gregorio, cardinale e futuro santo, ed Antonio, procuratore veneziano, continuarono l'opera di costruzione della villa e del parco intrapresa dal padre, dando vita all'impianto monumentale del progetto dell'architetto e fontaniere pontificio Luigi Bernini. I suggestivi profili dei Colli Euganei fanno da cornice ad un giardino di grande suggestione in cui si incastonano ben 70 statue, la maggior parte delle quali attribuite al Merengo, altrettante sculture minori, un fitto sistema di fontane ancora funzionanti, cascate, giochi d'acqua ed architetture eleganti.
Si presenta così il giardino di Villa Barbarigo agli occhi dei suoi visitatori. Una distesa di ben 15 ettari adagiati ai piedi del Monte Gallo e del Monte Orbieso punteggiata di capolavori architettonici da ammirare intraprendendo una sorta di itinerario salvifico. Il percorso comincia al cospetto del portale di Diana dalle suggestioni pagane, al quale un tempo si giungeva in barca attraverso la valle da pesca di Sant'Eusebio (da cui deriva il nome Valsanzibio). Oltrepassato l'ingresso, si prosegue costeggiando il Bagno di Diana, poi la fontana dell'iride e poi, ancora, la peschiera dei Venti. Si giunge, quindi, sul Gran Viale lungo il quale si possono osservare numerose statue, fontane e giochi d'acqua per poi giungere alla Scalinata delle Lonze. Ci si ritrova, quindi, nel piazzale della villa dove otto figure allegoriche incorniciano la monumentale Fontana dell'Estasi che conclude simbolicamente l'itinerario.
Lungo il percorso ci si rende immediatamente conto che il Giardino è una fonte inesauribile di sorprese tutte da scoprire. A cominciare dal Palazzo di Verzura, per poi proseguire con il labirinto di bossi ed il romitorio. A ovest del Gran Viale, a catturare l'attenzione sono i conigli variopinti che campeggiano su un isolotto, mentre su un'altura a est si staglia quello che, probabilmente, può essere considerato il fulcro del cammino salvifico: il monumento al Tempo.
Se oggi il giardino si presenta ancora così integro e suggestivo sia dal punto di vista architettonico che vegetale è grazie alla cura con cui i proprietari, nel corso del tempo, lo hanno custodito, arricchito e manutenuto. Fino agli inizi del XIX secolo se ne sono occupati i Barbarigo ai quali sono succeduti il patrizio veneziano Marco Antonio Michiel, i conti Martinengo da Barco, i conti Donà delle Rose ed, infine, dal 1929, i nobili Pizzoni Ardemani, attuali proprietari i quali hanno intrapreso e portato a termine una massiccia opera di riqualificazione a seguito dei gravi danni dell'occupazione militare dell'ultima guerra alla quale è seguito il recente ripristino del sistema di sorgenti, cisterne, canalizzazioni, ed invasi grazie al quale è ora possibile ammirare in tutto il loro splendore le 16 fontane, le 4 peschiere, i 3 scherzi d'acqua e i 10 ruscelli, laghetti e polle.
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