Immerso nel più bel Mare Mediterraneo, a poche miglia da due delle isole più pittoresche del Tirreno, in un vero e proprio sacrario naturalistico, si trova un luogo che di poetico ha ben poco. O perlomeno non ne aveva fino a poche decine di anni fa: il Carcere di Santo Stefano, ‘l’Alcatraz italiana’, si trova su un isolotto che fa parte dell’arcipelago delle Pontine. Oggi l’incredibile contrasto tra il lugubre abbandono del penitenziario e la natura mozzafiato che lo circonda lo rende assolutamente suggestivo, carico di memoria storica. Una storia per nulla lontana.
Progettato in epoca Borbonica e costruito nel 1795, il carcere di Santo Stefano era stato concepito per separare il più possibile i detenuti dal mondo. Non solo il confino in un’isola disabitata dunque, ma una struttura architettonica che impedisse nel modo più assoluto ai carcerati di vedere il mare, o la vicina isola di Ventotene. E soprattutto, un edificio costruito in modo che il controllo sui detenuti fosse totale e costante. La prigione si basava infatti sui principi del Panopticon, ovvero un carcere ‘ideale’ concepito dal filosofo e giurista inglese Jeremy Bentham. Grazie ad una particolare architettura, un solo carceriere sarebbe stato in grado di controllare tutti i detenuti, i quali a loro volta non potevano invece sapere se erano osservati oppure no. Inoltre, la forma del carcere avrebbe dovuto incutere soggezione psicologica. Quello di Santo Stefano è uno dei primi edifici al mondo dove si è sperimentato questo modello: si tratta di un edificio a tre piani circolari, leggermente inclinati verso l’interno. Una sorta di anfiteatro, con arcate lungo tutte le pareti, nel quale i carcerati potevano vedere solo il cortile interno.
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Ampiamente utilizzato (ben al di sopra delle sue capacità) in epoca di moti rivoluzionari, divenne un simbolo anche nel Ventennio Fascista. Mentre nella vicina Ventotene venivano mandati al confino, a Santo Stefano erano direttamente detenuti i dissidenti politici. E’ noto che qui fu imprigionato Sandro Pertini, futuro Presidente della Repubblica. Dopo la guerra, continuò ad essere impiegato come carcere per i detenuti comuni, ma nel 1965 venne definitivamente chiuso. Da allora giace in stato di abbandono, e non sempre è possibile visitarlo. In alcuni periodi dell’anno guide specializzate portano i visitatori a conoscere il carcere, che è incluso tra i Lugohi del Cuore FAI. Ma per molti giorni all’anno non è possibile nemmeno approdare sull’isola. Nonostante la vicinanza alla costa e alle ben note Ponza e Ventotene, Santo Stefano rimane un luogo di isolamento, carico del suo bagaglio di memorie.
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