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Festa della Giubiana Piemonte e Brianza

Giubiana: caccia alle streghe e risotto allo zafferano

L'ultimo giovedì di gennaio alcune località in Piemonte e Brianza festeggiano la fine dei mali invernali con roghi e piatti tipici in un rito dalle antiche origini contadine

risotto con zafferano
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Risotto con zafferano
Rito popolare in Italia Settentrionale, la Giubiana o Festa della Giobia si volge inalcune località del Piemonte e della Lombardia (Brianza, Altomilanese, Varesotto e Comasco). L'ultimo giovedì del mese di gennaio si accendono grandi falò nelle piazze nei quali è bruciata la Giubiana, un grande fantoccio di paglia vestito di stracci, che rappresenta i mali dell’inverno e dell’anno trascorso.
 
Alcuni sostengono che il nome derivi dal culto alla divinità di Giunone, altri lo collegano a Giove, da cui l'aggettivo Giovia e quindi Giobia, per indicare le feste contadine di inizio anno celebrate per propiziare le forze della natura che condizionano l'andamento dei raccolti. Secondo la leggenda, in Brianza la Giubiana è una strega che vive nei boschi e che si sposta di albero in albero. Altissima e magrissima, indossa delle calze rosse e ha mani lunghe e rugose. L’ultimo giovedì di gennaio va in cerca di bambini per cibarsene. Una volta una mamma escogitò una trappola: visto che la strega era tanto affamata, avrebbe apprezzato un pentolone di risotto allo zafferano in cui aggiungere anche la luganenga per renderlo più gustoso. Lei, attirata dall’odore, si mise a mangiare fino all'alba. Il sole la uccise e il bambino fu salvo.
 
 
Oggi il risotto allo zafferano con la luganega è il simbolo gastronomico di questa festa, durante la quale la sera tutti scendono in piazza per bruciare la Giubiana, in modo da assicurarsi un inverno breve e un anno fortunato. La notte del 26 gennaio sarà illuminata da tanti piccoli fuochi anche a Cantù. Qui la Giubiana non è una vecchia e brutta strega, ma una bellissima fanciulla che, in un passato lontano, avrebbe tradito l’intera città. Nel XII secolo, Como e Milano erano in guerra fra loro e Canturium, alleata di quest’ultima, si trovava a metà strada, bloccata in un assedio a cui resisteva da mesi, dando prova di grande onore. Una notte di gennaio un sacerdote canturino, Padre Lorenzo, sentì bussare a una delle porte del borgo: era una bellissima fanciulla che chiedeva asilo. La giovane aveva un viso tanto dolce e innocente che il povero frate la scambiò per la Madonna e la fece entrare. Il sacerdote però si era sbagliato: bella come un angelo, ma terribile come un demonio, la sconosciuta, con il suo fascino, riuscì a ottenere le chiavi della città che consegnò ai nemici. Canturium cadde sotto ai comaschi, ma i milanesi vinsero la guerra e quando liberarono la città, la traditrice fu condannata al rogo. Ogni anno la terribile sentenza viene rinnovata.  
 
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Ancora oggi la città di Cantù ospita un grande evento: un manichino, vestito sempre in maniera diversa, viene prima esposto allo scherno del pubblico in Via Dante e poi condotto, con un corteo in costume, in Piazza Garibaldi. Qui, dopo la lettura della condanna, davanti al boia, agli armigeri e a una grande folla, il manichino viene dato alle fiamme: si crede che, se brucerà velocemente e completamente, sarà una buona annata per il raccolto.
 
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Il risotto alla milanese viene servito nei locali anche nella versione con la luganega. Il risotto giallo discende direttamente dal “riso col zafran”, una sorta di riso pilaff con lo zafferano, ricetta medioevale conosciuta sia da Ebrei che da Arabi. Ma la sua nascita ufficiale avviene l'8 Settembre 1574 come si legge nella Delibera del Riconoscimento De.Co. “Per quel giorno il mastro vetraio belga Valerio di Fiandra aveva fissato le nozze di sua figlia. Quella data, evidentemente, aveva un valore speciale per lui che lavorava alle vetrate del Duomo. Durante il pranzo di nozze comparve un piatto di riso colorato con lo zafferano, materiale che la squadra di vetrai belgi al seguito di mastro Valerio era solito aggiungere a molti colori per creare particolari effetti cromatici”. Il riso così preparato, forse per scherzo, piacque a tutti, sia per il sapore che per il colore, in un'epoca in cui si attribuiva all'oro, o in sua mancanza alle sostanze gialle, un'importanza anche farmacologica.
 
Simbolo della tradizione culinaria milanese e dell’arte gastronomica italiana all’estero, il risotto alla Milanese ha una storia ricca di leggendari aneddoti. La luganega, anche detta luganica o lucanica, è il nome tradizionalmente attribuito all'insaccato fresco di carne di suino. L’origine del nome viene solitamente collegata all’uso, comune in epoca romana, di indicare con lucanica un tipo di salsiccia originaria della Lucania. Durante la Festa della Giubania viene solitamente servito anche pane e salame, vino rosso, cioccolata e tè caldi.
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