C’è un borgo medievale, sulla cresta del Monte Trono, che domina l’alta valle Argentina, nella Liguria occidentale, e che mai come in questo periodo dell’anno torna a far parlare di se. Se, con l’avvicinarsi di Halloween, si pensa spesso ai canonici travestimenti da zombie e streghe con il cappello a punta, si pensa anche a Triora, una piccola realtà tutta da scoprire e passata alla storia per il processo alle streghe, uno dei più feroci processi alle streghe in Italia, che per drammaticità non risulta essere inferiore a quelli di Loudun, in Francia, e di Salem, in America. Fu proprio qui, infatti, che nel 1558, vennero accusate tredici donne, considerate responsabili della carestia che aveva flagellato l’anno precedente la regione e a causa della quale la gente non aveva più di che sfamarsi.
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Dopo un processo sommario voluto per iniziativa popolare, le donne furono accusate di stregoneria e condannate al rogo ma, in attesa dei processi definitivi, le sentenze di morte vennero tramutate in pene detentive che scontarono nelle carceri, dove cinque di loro trovarono la morte. In quelle carceri è sorto il Museo Etnografico e della Stregoneria, i cui sotterranei riecheggiano ancora di superstizioni e credenze e dove riproduzioni di documenti narrano fedelmente i supplizi tremendi e gli spietati interrogatori. Sono quattro le lugubri sale dedicate al tragico capitolo di questa storia locale, ed è stato ricostruito anche il tradizionale antro della strega con tanto di gatto nero impagliato, focolare con pentolone e manichini e piccole bambole che incarnano streghe e demoni.
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C’è poi la Sezione Etnografica del Museo, suddivisa in sei sale che rappresentano uno spaccato della vita quotidiana dei contadini del paese e della valle attraverso minuziose ricostruzioni di scene di lavoro nei campi e l’esposizione di utensili ed oggetti che usavano nelle diverse attività lavorative. Si possono quindi ammirare gli attrezzi utilizzati dai contadini, dai mulattieri, dai falegnami, dai panettieri. Una sala è dedicata al ciclo del castagno, per molti anni unica fonte di sostentamento per intere famiglie e in un’altra è ricostruita una cucina, con il focolare e l’essiccatoio. Un piccolo locale comunicante ricostruisce l’ambiente e il processo di lavorazione del latte e dei prodotti ovini, mentre in cantina botti, tini e fiaschi riportano il visitatore a vivere l’esperienza della viticoltura.
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