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Berlino e il suo muro

Una ferita alta quattro metri

La "Barriera di protezione antifascista" diviene realtà già all'alba del 13 agosto del 1961. Altre ventiquattr'ore e anche la Porta di Brandeburgo viene sigillata. Centonovantadue strade diventano altrettanti vicoli ciechi.

Berlinal9
12 agosto 1961, quattro di pomeriggio a Berlino. E un sabato: la gente si prepara per la serata, o se ne sta a casa dopo una settimana di lavoro. Alcuni prendono la metropolitana ad una delle fermate nella parte sovietica della città (Berlino fu divisa in quattro settori nel 1945 alla fine della seconda guerra mondiale) per poi riemergere su qualche marciapiede pochi chilometri più a Ovest dove i negozi sono meglio attrezzati per lo shopping: jeans e frutta tropicale. Da questa parte si trovano cinema e discoteche, gli svaghi accessibili con i pochi marchi messi da parte. Ma tutto questo sarà, nel giro di poche ore, solo un ricordo e un rimpianto rabbioso. Durato ventotto lunghissimi anni. In quelle stesse ore Walter Ulbricht, con lavallo di Honecker, dà ordini perentori al suo Kampfgruppen: da mezzanotte tutti al lavoro con pale, trivelle, mattoni e filo spinato. La Barriera di protezione antifascista diviene realtà già allalba del 13 agosto. Altre ventiquattrore e anche la Porta di Brandeburgo viene sigillata. Centonovantadue strade diventano altrettanti vicoli ciechi. Neanche i morti sono risparmiati: le tombe dellInvalidenfriedhof vengono spostate ai due lati del muro che con implacabile ottusità taglia in due il cimitero. Una ferita di cemento alta quattro metri e lunga centosettanta chilometri, quaranta dei quali dentro la città. Surreale e drammatico, der Mauer (il muro). Le pareti della parte Ovest diventano ben presto una lavagna per lo sfogo di chi non può comprendere lillogicità del muro, né tantomeno accettarne limbarazzante presenza. Dallaltra parte, un silenzio tragico: solo il ronzio dellilluminazione notturna e labbaiare dei cani. Il muro rimane inviolato, grigio. Torri di guardia da cui i grepos sparano a vista, senza avvertimento, a chi si avvicina troppo. Günter Lutwin e Chris Gueffroy. Chi sono? Semplicemente il primo e lultimo, in ordine di tempo, dei centosettanta che hanno pagato con la vita il tentativo di fuga. Il primo anniversario della costruzione del muro è teatro di violentissimi scontri e lanno seguente J.F. Kennedy fa propria la causa dei berlinesi: il 26 giugno prende il microfono in mano e, davanti ad una folla sconfinata e trepidante pronuncia le celeberrime parole: Ich bin ein Berliner. È ardua limpresa di chi oggi voglia rintracciare qualche frammento del muro ancora in piedi. La rimozione storica e materiale è stata rapida e capillare. Il tratto più lungo si trova a Mühlenstrasse nei pressi dellOstbanhof, presso lEast-side gallery: un chilometro di muro ricoperto da tonnellate di vernice, per mano di anonimi graffitari o artisti illustri da tutto il mondo. Altri modestissimi resti si trovano in Bernauerstrasse e Niederkirchnerstrasse. Se poi il progetto del senatore Peter Strieder verrà finalmente approvato dallamministrazione cittadina, sarà possibile seguire lantico tracciato del muro lungo una fila di lastre di granito rosso. Il Museum at Checkpoint Charlie contiene unimpressionante mole di documenti, immagini, pezzi di muro. Le sale sono attualmente in fase di ristrutturazione e ai piani superiori si sta allestendo una sezione dedicata alla guerra fredda e alla storia europea più recente. Dalle finestre si scorge ancora il gabbiotto bianco del Checkpoint Charlie, uno dei tre varchi per il transito di autorità, diplomatici e militari tra le due zone della città. Novembre 1989: Wir sind das Volk (noi siamo il popolo) è il grido esasperato e disperato del milione di persone riunite ad Alexander Platz. Cinque giorni più tardi lo storico evento: il muro si apre, vacilla e crolla. Due secoli dopo la Bastiglia, la storia abbatte questo simbolo di divisione illogica e anacronistica. È linizio della Wende (svolta). Il 22 dicembre anche la Porta di Brandeburgo riapre. Quello che segue è storia molto meglio documentata: picconate al muro, fuochi dartificio e birra in una sinfonia per clacson di Trabant. Ma anche inquietudine e spaesamento: in bilico sullorlo di una voragine tra un passato da dimenticare il più in fretta possibile e un futuro da inventare. Insieme. Is there anybody out there? è lunico verso che ossessivamente si ripete nellomonima canzone dei Pink Floyd (lalbum, guarda caso, è The Wall del 1979). Perché il muro fu costruito? Perché troppa gente voleva passare dallEst allOvest. Perché il muro fu abbattuto? Perché troppa gente voleva passare dallEst allOvest. Lironia non cancella le lacrime e non riscrive la storia. E i berlinesi lo sanno fin troppo bene.
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