Ogni anno in autunno nell’oasi libica di Ghadames si svolge il Festival che celebra la raccolta dei datteri,
una delle rare e delle più importanti manifestazioni folcloristiche di tutto il
Sahara, capace di coinvolgere non soltanto le popolazioni berbere, arabe,
tuareg e nere dell’oasi, ma anche quelle confinanti dell’est algerino e del sud
tunisino. Il festival si configura con una serie di manifestazioni, spesso
improvvisate o programmate all’ultimo momento, di sfilate in costume, di canti,
balli e musica delle diverse etnie, di corse dei cavalli e dei dromedari, ma è
soprattutto una festa spontanea popolare: in quei giorni ritornano infatti gli
emigranti, si riaprono le vecchie case abbandonate nella medina, si indossano
gli abiti tradizionali, si celebrano matrimoni o si festeggiano fidanzamenti e
ricorrenze. Con la scusa dei datteri, per tre giorni la città fantasma si
rianima e ritorna ai migliori fasti di un passato ormai irripetibile. Un’occasione
da non perdere per i turisti assetati di esotismo.
LE FOTO:TRA LE DUNE DEL FEZZAN
L’oasi di Ghadames, una delle più belle e importanti di
tutto il Sahara, sorge all’estremo lembo occidentale della Libia, quasi ai
confini con Tunisia e Algeria. La sua bellezza deriva, oltre che dal florido
palmeto a cui si devono i migliori datteri libici, alla peculiarità urbanistica
della medina, la città vecchia divisa in sette quartieri ancora racchiusi dalle
antiche mura, ognuno autonomo con propri pozzi, piazze, mercati, moschee e
madrase raccordati da un labirinto di stradine coperte e non, dove l’ombra e i
percorsi tortuosi consentono la circolazione dell’aria fresca ma non quella
della sabbia, e dalla singolarità delle sue case, piene di nicchie e armadi a
muro, scale incrociate, vetri colorati e specchi per moltiplicare i giochi di
luce, con morbide linee armoniche e dipinti naif gialli, verdi e rossi sulla
calce bianca che tanto impressionarono l’architetto Le Corbusier.
DATTERI: CONCENTRATO DI BENESSERE
Un capolavoro di ingegneria per l’architettura e l’urbanistica. L’importanza si
connette invece alla storia ed alla posizione geografica. Già attivo
insediamento romano, e prima ancora garamantico, con il nome di Cydamus
(nelle moschee più antiche si trovano colonne e capitelli romani e bizantini),
divenne pian piano uno dei principali mercati, il maggiore per gli schiavi, e
imprescindibile nodo carovaniero transahariano, prima oasi per quanti dovevano
affrontare verso sud le infuocate sabbie del deserto e l’ultima per quanti
puntavano ai porti del Mediterraneo, avanti di affrontare le montagne berbere
del Jebel Nafusa. Le sue carovane si spingevano ovunque, dal Magreb al Sahara e
all’Africa nera, dal Cairo a Timbuctu.
LIBIA, LA SABBIA E LA PIETRA
Dall’oasi, già prospera per la produzione agricola e l’allevamento, passava
ogni genere di mercanzia, contribuendo ad arricchire una classe di mercanti e
di carovanieri, mentre l’abbondanza di materie prime contribuì a forgiare
provetti artigiani. La città era cosmopolita: arabi, berberi, tuareg e schiavi
neri, oltre a commercianti provenienti da ogni dove. Poi nel secolo scorso
l’abolizione della schiavitù, l’avvento della motorizzazione e la fine del
commercio transahariano ne decretarono il declino, interrotto si spera ora dal
turismo.
TRACCE DI VITA PREISTORICA IN LIBIA
Per raggiungere questo luogo magico ci si può affidare ad operatori specializzati in tour nel deserto, come I Viaggi di Maurizio Levi (www.deserti-viaggilevi.it)