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lentamente africa libri di viaggio ottobre 2012

Lentamente l'Africa

6000 km in bicicletta per un viaggio di cinque mesi dalla Spagna fino al Mali. I protagonisti sono Marianita Palumbo e Tobias Mohn, autori di un libro appena uscito nelle librerie. Ecco cosa ci raccontano in merito alla loro straordinaria esperienza di viaggio.

Fouta Djalon Guinea - l'Africa in bicicletta
Marianita e Tobias, antropologa e documentarista lei, ingegnere ambientale lui. Li accomuna una passione che li ha spinti a percorrere più di 6000 km pedalando per 5 mesi dalla Spagna fino al Mali. Il risultato di questa incredibile esperienza è conservato, oltre che nel loro animo, all’interno di un libro, uscito in questi giorni nelle librerie: “Lentamente l’Africa. Racconti di un viaggio dalla Spagna al Mali”, edito da Ediesse. Un racconto che si legge tutto d’un fiato, come il fraseggio di una poesia a cui i paesaggi d’Africa, i suoi idiomi, i colori e gli incontri umani, consegnano il senso finale ma non definitivo. Perché questo viaggio, per i due autori, è solo l’inizio. I due compagni di avventura affronteranno altre peregrinazioni su diversi mezzi di trasporto tra Europa, Asia e America latina. "Ogni volta che apro una cartina geografica, vedo infinite linee possibili da percorrere", confessa Tobias, il quale è già di nuovo in partenza. Destinazione Kinshasa, Congo.

"Il bello della bici è che ti alleni andando. La cosa più difficile è partire" ... Cosa vi ha spinto a partire per la prima volta scegliendo la biciclette come mezzo e l'Africa come meta?
La cosa magica della bicicletta è che il viaggio inizia sotto casa. E nel caso del nostro viaggio questo è doppiamente vero – ci racconta Marianita. Io abito a Parigi dal 2000 in un quartiere che viene considerato il quartiere africano di Parigi quindi la mia curiosità in particolare verso i paesi dell'Africa dell'ovest è cresciuto progressivamente. Partire in bicicletta voleva dire avvicinarsi progressivamente all'Africa e  percorrere al contrario la classica via migratoria di persone ma anche oggetti e immagini che dall'Africa arrivano in Europa. E la difficoltà di partire a cui fa riferimento la frase che tu citi è quella dello sforzo mentale che richiede la decisione del partire, di darsi il tempo di rompere con la routine, dell'immaginarsi in viaggio in bicicletta, che a volte sembra una cosa quasi impossibile.

Ci sono stati momenti di sconforto? Le prove più difficili che avete dovuto affrontare.
Potremmo parlare dello sforzo fisico e sicuramente due episodi ci verrebbero in mente: il vento contrario nel Sahara, lo sforzo snervante di andare contro vento e la fatica nel vedere che il contachilometri rimane fermo oppure in Mauritania quando per due giorni abbiamo pedalato senza sosta conteggiando alla fine 420 km perché qualcuno ci aspettava nella capitale mauritana e non potevamo fermarci… Ma in realtà la prova più difficile é stata constatare quanto facile per noi fosse viaggiare e spostarci da un paese all'altro rispetto alla grande difficoltà che questo comporta per la maggior parte dei cittadini dei paesi che abbiamo percorso. Così come è sconfortante la resistenza di alcuni stereotipi, reciproci, tanto resistenti da non cedere all'evidenza dell'esperienza.

I ricordi più belli che vi portate dentro dall'Africa
L'immensità di alcuni paesaggi, la loro apertura tanto che ci si sente piccoli piccoli (e a volte fa bene alla testa!), e sicuramente tutti gli incontri fatti e le mattine svegli presto dentro il recinto di casa di qualcuno a mangiare noccioline con tutta la famiglia introno ad un tronco che brucia ed emana un profumo dolcissimo. Le montagne dell'Atlas, il cielo visto dal treno mauritano che da Nouadhibou arriva nel cuore del deserto, la lotta senegalese e le danze che si scatenano nel buio pesto della notte quando uno dei lottatori vince, le architetture dei villaggi sulle montagne del Fouta Djalon in Guinea, e poi il Mali e il mondo che scorre lungo al fiume Niger come anche più a sud nella regione del Pays Dogon. 

Tobias: giri il mondo in bici da quando avevi 15 anni. Un viaggio che ancora sogni di fare
In realtà non si tratta di una meta precisa, ma del fatto che un luogo non lo si esaurisce mai. Dunque, non mi stanco mai di viaggiare, e anche su di una stessa strada c'è un'infinità di spessori diversi ai quali si può accedere. E più lenti si va, più si ha accesso a strati di realtà diversa. Però ogni volta che apro una cartina geografica vedo infinite linee possibili da percorrere. Tra poche settimane vado a Kinshasa, Congo, per lavoro per qualche mese, e stiamo progettando di fare un lungo viaggio sul fiume Congo sui battelli commerciali che lo percorrono quotidianamente, speriamo, in vista di un nuovo libro.

Marianita: cosa vuol dire per una donna sperimentare un viaggio del genere, ci sono difficoltà maggiori, oppure no?

Credo che in generale a livello dello sforzo fisico che richiede un viaggio in bici non ci sia nessuna differenza. È evidente che viaggiare da soli è diverso. Una donna che viaggia da sola si espone forse di più, ma questo purtroppo è vero ovunque. E allo stesso tempo, secondo i paesi che si attraversano, l'essere donna dà anche la possibilità di entrare nel mondo domestico in modo diverso. Nel caso di questo viaggio in particolare la cosa bella è stata che viaggiando in coppia completavamo reciprocamente l'esperienza di ognuno. Io in quanto donna avevo accesso al mondo domestico in modo molto più facile e diretto e mi ritrovavo in spazi o situazioni che non erano accessibili a Tobias. Avevo fatto altri viaggi da sola prima di questo ma non in bici, e due anni fa ho preso il transiberiano da Mosca a Pechino e un altro treno da Pechino a Urumchi, nell'estremo ovest della Cina. Più di 20 giorni da sola in treno tra Russia, Mongolia e Cina, per raggiungere Tobias che si trovava lì. È stata una bellissima esperienza, forse anche resa particolarmente intensa proprio perché ero sola e non mi sono mai sentita in pericolo. Ma forse dopo un po’ ci si abitua ad essere viaggiatrici!
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