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Rajasthan: Jodpur

Jaipur: lo specchio dell'universo

La città rosa del Rajasthan è stata così concepita perché il colore rosa, presente in varie tonalità e sfumature, in Rajasthan è considerato di buon augurio.

Rajastan
Appena si giunge a Jaipur (trecento chilometri dalla capitale) si rimane colpiti dal colore dei palazzi della parte racchiusa nelle antiche mura e dal buono stato di conservazione degli edifici storici (cosa veramente eccezionale in India!). La città rosa è stata così concepita perché il colore rosa, presente in varie tonalità e sfumature, in Rajasthan è considerato di buon augurio e venne applicato per accogliere nel 1863 il principe Alberto, consorte della regina Vittoria d’Inghilterra. Tale colorazione rende la città quasi più accogliente e ne mitiga i contrasti, focalizzando l’attenzione del viaggiatore, generalmente incentrata nella nichilistica e triste scoperta di nuovi strati di povertà. Di colore rosa è anche il singolare Hava-Mahal (Il palazzo dei venti), fulgido esempio della fantasia del maharaja Pratap Singh: nel 1799 ordinò di costruire questo edificio, simbolo del suo contrastante amore per le arti hindu, islamiche ed occidentali. La funzione del palazzo era quella di una gigantesca cortina che permettesse alle donne dell’ harem di assistere alla vita cittadina, attraverso un’ampia facciata traforata, senza essere viste. Il maharaja volle così rendere un pò indiana la tradizione, tipicamente musulmana, del Divan-i-Am: il cortile adibito alle udienze pubbliche dai sultani, dove le donne dell’ harem erano nascoste da pareti a graticola. Il colore delle costruzioni però non è il solo aspetto interessante di Jaipur. Schivando le centinaia di rickshaws che ne affollano le strade, ci si può perdere per il centro e cercare di apprendere la perfetta disposizione urbanistica con cui è stato eretto. Fin dall’epoca dei più antichi testi hindu, la pianificazione di una città seguiva regole complesse, tutte finalizzate a rappresentare nel microcosmo le leggi dell’ordine universale. Jaipur è l’unico esempio di città, dal punto di vista cosmico e astronomico, che oggi si può rispecchiare in quei trattati di architettura. Non ci sono altri esempi perché le costruzioni venivano fatte in argilla, legno ed altri materiali deteriorabili e non di pietra che era riservata ai templi, quale simbolo d’immortalità. Il disegno rispecchia un quadrato perfetto, simbolo sacro di stabilità, di cui il perimetro è suddiviso dalle strade in quadrati parziali, in modo che riflettessero la successione dei segni dello zodiaco. Tutti questi quadrati sono sottoposti al dominio delle divinità del pantheon hindu, così da influenzare anche la disposizione abitativa dei cittadini. Gli dei importanti occupano le zone centrali e dunque tali parti spettano alla casta sacerdotale dei bramini e via via, seguendo la gerarchia celeste,vengono assegnate le altre zone scendendo d’importanza.
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