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Murgia Materana: secoli di storia tra le rocce

Tra gli strapiombi e le gravine del capoluogo lucano si celano meravigliose chiese scavate nella pietra, villaggi rupestri e grotte abitate sin da epoca preistorica

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Courtesy of ©Mattis/Wikimedia Creative Commons
Uno scorcio del Parco delle Chiese Rupestri del Materano
8.000 ettari in cui sono concentrati centinaia di siti di elevato interesse storico e archeologico, paesaggi rupestri da levare il fiato, una natura che comprende 1/6 della flora nazionale e una fauna ricca e variegata, ed un capoluogo con un centro storico unico dichiarato Patrimonio dell'Umanità dall'UNESCO. Questo è il Parco Archeologico Storico Naturale delle Chiese Rupestri del Materano, chiamato anche Parco della Murgia Materana. Il suo territorio, adagiato tra i comuni di Matera e Montescaglioso è una fonte inesauribile di sorprese che si svelano soltanto agli occhi dei visitatori che decideranno di esplorarlo e di osservarlo con attenzione.

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Ad un primo sguardo, infatti, il Parco si presenta come una distesa di pietrai e strapiombi dall'aspetto aspro ed arido che respinge l'uomo ed allontana la natura. Ma andando oltre si scopre immediatamente un luogo dalle suggestioni speciali che cela le tracce evidenti di fenomeni geologici estremamente affascinanti e che ha ospitato l'uomo e i suoi antenati sin da epoca preistorica. Tra le rocce calcaree tenere e permeabili si aprono grotte e forre nelle quali sono state rinvenute le tracce di antichi insediamenti. Dai manufatti litici ritrovati nella Grotta dei Pipistrelli, ai villaggi neolitici di Murgia Timone, Murgicchia e Trasanello, sino alle necropoli dell'Età del Bronzo e del Ferro e alle vestigia del periodo greco e romano, le cavità del materano raccontano una storia lunghissima tutta da leggere tra i ripidi strapiombi, come quello di Tempa Rossa e il Vallone della Loe, e il sistema di gravine che solca il suo territorio culminante con la Gravina di Matera, un canyon mozzafiato che si sviluppa per 20 chilometri dal capoluogo lucano con i suoi Sassi, sino ai rilievi argillosi di Montescaglioso. Tra le pareti calcaree scorre il torrente Gravina che forma un laghetto naturale chiamato Gorgo.

La natura del Parco non è meno ricca e vanta ben 923 specie vegetali che costituiscono 1/3 della flora regionale. Alla foresta a prevalenza di specie quercine, si affianca la vegetazione tipica della macchia mediterranea e la Gariga, oltre ad un considerevole numero di specie rare ed endemiche tipiche di questo particolare habitat rupestre, come la campanula versicolor, l'eliantemo ionico, la violacciocca minore e l'ofride di Matera. Tra le rocce e le piante ci si può imbattere in esemplari appartenenti a praticamente tutte le specie della fauna regionale che spaziano dagli istrici, alle volpi, ai ricci, ai tassi e ai rettili come il biacco, il cervone e la vipera. Ed alzando gli occhi al cielo, lo sguardo è rapito dai tantissimi uccelli che hanno nidificato entro l'area del parco, tra i quali si distinguono poiane, capovaccai, nibbi reali ed il caratteristico falco grillino, divenuto il simbolo del Parco.

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Ma la vera meraviglia di questo prezioso territorio lucano sono i 150 siti di culto ricavati all'interno delle grotte, risalenti a differenti periodi storici compresi tra l'Alto Medioevo e il XIX secolo ed appartenenti ai diversi stili che hanno caratterizzato la cultura delle civiltà e dei popoli che si sono avvicendati nel corso della storia sul territorio del Parco. La struttura della maggior parte delle chiese rupestri è costituita da ingresso, aula e presbiterio in cui sono individuabili elementi architettonici tipici della liturgia greca e latina. In alcune di esse si possono, inoltre, ammirare preziosi affreschi di influenza bizantina. Tra le chiese più belle meritano una visita la cripta di S. Andrea, con le sue due navate e i due catini absidali e quella di S. Luca, fulgido esempio di stile bizantino.

Da non perdere, infine, il sorprendente Villaggio Saraceno, un villaggio rupestre di epoca medievale con le sue 70 grotte dotate di mensole e nicchie, gli jazzi e le masserie, tra cui si distingue Masseria Porcari in contrada Serra Rifusa e Palombaro dell'Annunziata, a Selva, dove si possono osservare i risultati dello sfruttamento agricolo e pastorale dei territori del Parco.

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