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Villa Necchi Campiglio mostra

Villa Necchi Campiglio, gioiello architettonico nell'angolo più silenzioso di Milano

Una raffinata dimora degli Anni Trenta circondata da un delizioso giardino che accoglie tra arredi preziosi e atmosfere vivaci della borghesia milanese

Sala della Villa
©Massimo Ripani/ FAI Fondo Ambiente Italiano
Sala interna di Villa Necchi Campiglio
Nel cuore di Milano si trova un tesoro di arte ed architettura, Villa Necchi Campiglio, realizzata da Piero Portaluppi tra il 1932 e il 1935 per il nucleo familiare composto da Angelo Campiglio, sua moglie Gigina Necchi e sua cognata Nedda, esponenti dell’alta borghesia industriale lombarda a cui si deve l’invenzione della macchina da cucire. A Portaluppi subentrerà Tomaso Buzzi, che, nel secondo dopoguerra, conferirà alle sale un aspetto più classico e tradizionale. La Villa ospita la Collezione Alighiero ed Emilietta de’ Micheli e, al piano terra, la Collezione Claudia Gian Ferrari di opere italiane del XX secolo. La residenza, donata al FAI, è divenuta dopo i lavori di restauro una casa museo che ha mantenuto il suo assetto originario, con il piano terra destinato a prestigiosa sede di rappresentanza, quello superiore adibito a zona notte e l’ampio sottotetto riservato alle camere per la servitù. Il seminterrato ospitava i locali di servizio e deposito e quelli dedicati alle attività ricreative dei padroni di casa come palestra, sale per proiezioni, spogliatoio e docce per la piscina.

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Dal percorso stilistico di Portaluppi che segna un passaggio graduale dalle linee decò alle tendenze del razionalismo si passa alla profusione di drappi e tendaggi e all’ammorbidimento delle superfici voluto dall’architetto Buzzi, che fa sostituire anche i mobili moderni con arredi più antichi per adeguare lo stile degli interni al tradizionale gusto per l’antico diffuso nelle dimore milanesi. La villa è abbellita anche da generose donazioni come il Vaso di Fausto Melotti o il grande dipinto Monumento ai caduti in corsa di Felice Casorati. Fino a domenica 12 giugno gli spazi di Villa Necchi dialogano con le installazioni stie-specific di Davide Pizzigoni per mostrare e dare forma al vuoto. E’ quanto accade grazie alla mostra “Il corpo del vuoto” con dodici installazioni che raccontano la ricerca artistica dell’architetto, designer, fotografo, pittore e scenografo, iniziata nel 1995 sul corpo dello spazio vuoto, su ciò che sta tra le cose evidenziando come la realtà, fatta di cose, viene rovesciata ed è vista come in un negativo fotografico: il vuoto diventa pieno, il pieno semplicemente sparisce.

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Le opere in giardino hanno come riferimento la natura e l’architettura esterna dell’edificio: l’elemento unificante è lo specchio, in grado di mostrare un’ulteriore realtà in cui le parti si scambiano, per poi unirsi e quindi nuovamente scambiarsi. Le installazioni pensate per l’interno si confrontano invece con gli interventi dell’uomo e mirano a rendere evidente la presenza fisica del vuoto e come la sua descrizione abbia bisogno di una quarta dimensione, quella del tempo necessario a percorrerlo, attraversarlo, viverlo e condividerlo. 
 
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