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Sardegna Basilica di Saccargia

Sassari, cosa rende speciale la Basilica di Saccargia

L'imponente basilica è uno dei pochi esempi di stile romanico pisano dell'isola

Sardegna, Basilica di Saccargia
©iStockphoto
L'imponente basilica di Saccargia in Sardegna
Nel territorio del comune di Codrongianos, in provincia di Sassari, si trova una delle più importanti realizzazioni in stile romanico pisano di tutta la Sardegna: è la Basilica abbaziale della Santissima Trinità di Saccargia, dalla mole imponente, che sorge su un promontorio. Venne completata nel 1116 sulle rovine di un preesistente monastero nel luogo dove, come narra la leggenda, era solita inginocchiarsi una mucca che, da un pascolo lontano, arrivava per offrire il proprio latte ai frati di un convento. Non è un caso, quindi, che si può notare, in un capitello del portico antistante il prospetto, l’immagine di una vacca scolpita. La chiesa divenne una delle badie più celebri dei monaci camaldolesi, ed ebbe sempre una posizione di primo piano essendo i suoi abati i più insigni dell’ordine in Sardegna.

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All'inizio del XV secolo, però, il governo d’Aragona allontanò i camaldolesi e Saccargia venne affidata ad un abate commendatario. Dal 1820 l’Arcivescovo Turritano fu dotato del titolo di priore della basilica mentre dal 1957 la chiesa è sotto la custodia della parrocchia di Codrongianos. La struttura è lunga venti metri, larga sette e alta 14. L’impianto è a croce commissa con una sala unica e transetto. La facciata presenta tre ordini: nel primo si ammira un portico con tetto a capanna, intervallato da sette archi e sormontato da architrave. In quello inferiore si apre il portale sormontato da architrave a timpano rialzato, mentre i due superiori sono costituiti da una finta loggia di colonnine trachitiche. Al centro dell’ordine mediano si apre una bifora con colonnina spartiluce, che tra il 1903 e il 1906 ha sostituito l’originario rosone.

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La ghiera centrale conserva le sculture originarie con animali fantastici, mentre le due laterali presentano tralci fitomorfici realizzati con l’uso del trapano. Dalla navata, attraverso archi a tutto sesto, si accede ai bracci del transetto, dove si aprono due cappelle voltate a crociera. Dietro ci sono tre absidi. Alla fine del XII secolo la parte interna di quella centrale, più alta e ampia, fu affrescata offrendo l’unico esempio in Sardegna di pittura murale romanica. Il ciclo di affreschi raffigura il Cristo in mandorla con serafini, angeli e arcangeli, la Madonna orante con i santi e scene della vita di Cristo. Ma incerta è l’attribuzione dei lavori: una teoria afferma che gli affreschi sono ascrivibili ad una mano pisana, influenzata da modi umbro-romani.
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