Il cuore rosso dell’Australia è una regione sorprendente dove a parlare è
senza dubbio il linguaggio muto di fenomeni naturali che sembrano
soprannaturali. La biblica maestosità del Kimberley, il mistero che
avvolge l’Arnhemland e la drammaticità dei Flinders Ranger sono
solo alcuni dei luoghi più intensi che rendono l’anima dell’Outback australiano
uno dei patrimoni più ricchi al mondo. E di non sola natura parliamo.
Il cuore
rosso dell’Outback è quello aborigeno che pulsa con ritmi ancestrali, rendendo
i viaggiatori di passaggio in questa parte di mondo partecipi di un’esperienza
umana difficilmente esprimibile a parole. Ci proviamo, tuttavia, consolati
dalla molteplicità di spunti che un viaggio nell’Outback australiano offre al
nostro diario di bordo. Per ogni punto cardinale, un urlo della natura e una
storia da raccontare.
Questo è l’Outback e la prima storia legata al Northern
Territory è quella di un serpente arcobaleno, la figura centrale della creazione della cosmologia aborigena.
La si può trovare dipinta, con la mascella aperta e la lingua di fuori, nel Mount Borradaile, un tratto di 700
chilometri nell’Arnhemland Occidentale di proprietà del clan aborigeno
Ulbu Binitj, che l’ex cacciatore di bufali Max Davidson affitta ai turisti che
vogliono fare una reale esperienza di vita nel bush.
L’arenaria affiora come un
punto sulle pianure del monte, che è pieno di caverne, una volta ripari per gli
aborigeni della zona e “tele parietali” per i loro dipinti. I più grandi tesori
artistici del Mount Borradaile si trovano in un’area da Max battezzata "Major
Art", ovvero una piattaforma rocciosa di circa 2 chilometri scavata
dal mare, e che lascia l’arenaria a formare una specie di catacomba con grotte
e caverne. Mentre Max passava a stento in mezzo al labirinto trovò canne di
fucili, punte di metallo per le lance, pezzi di pietre e bottiglie con marchi
olandesi, probabilmente importati da commercianti Macassar.
Il punto principale
del luogo è un’elevata piattaforma protetta da una lunga parete che si curva
fino a formare un tetto. La parete rocciosa è completamente ricoperta da
stencil fatti a mano, figure totemiche che ritraggono deliziosi animali,
uccelli e dipinti magici dai colori predominanti del rosso, del giallo e del
bianco e, a testimonianza del contatto con gli europei, la tintura blu che i
missionari usavano per tingere i loro collarini bianchi. Ma questo è solo
l’inizio. Le altre storie da raccontare parlano di cascate giganti, di paesaggi
desolati e surreali e di pescatori dalla barba incolta che canticchiano I
Still Call Australia Home.
Continua…
Dal mare al cielo
I
Still Call Australia Home