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Giro del mondo: capire città del Capo

Long walk to freedom: capire Capetown

La città (Città del Capo o Capetown), racchiusa tra il mare e le montagne, è scenograficamente una delle più belle del mondo. L'"angelo custode della città" è la Table Mountain (la montagna della tavola)

Giro del mondo città del capo
La città (Città del Capo o Capetown), racchiusa tra il mare e le montagne, è scenograficamente una delle più belle del mondo. Langelo custode della città è la Table Mountain (la montagna della tavola), imponente massiccio dalla cima appiattita. Spesso si copre con una stranissima nuvola bianca, piatta anchessa, che si ferma proprio in cima. Viene chiamata la tablecloth (tovaglia) e di solito preannuncia larrivo del Cape Doctor, un fortissimo vento da Sud Est. Quando soffia il Cape Doctor è addirittura pericoloso girare per le strade: travolge tutto, fa volare insegne, alberi e addirittura macchine. Si ha la percezione chiara di trovarsi sulla punta estrema dellAfrica, tra lì e lAntartide solamente mare. È difficile capire questa città. I contrasti sono forti e netti, proprio come è netta la differenza tra i ricchi e i poveri, il colore della pelle, il bianco e il nero. La criminalità in Sudafrica è ancora un problema da risolvere: Johannesburg (la città economicamente più importante) è tuttora la città più pericolosa del mondo. Città del Capo, invece, dicono, è la meno pericolosa del paese. Ma noi siamo dei viaggiatori principianti e, sebbene ci imponiamo di non essere paranoici, tentiamo di stare attenti, non dare troppo nellocchio. Scopriamo che lautobiografia di Nelson Mandela (A Long Walk to Freedom, un librone di 700 pagine, primo acquisto sudafricano) è un buon lasciapassare. Lo portiamo sempre con noi, come per fare capire ai diffidenti sguardi dei neri che stiamo dalla loro parte. E proprio quel libro rende possibile i primi contatti con questo popolo. Soprattutto i giovani ci chiedono cosa ne pensiamo. Cosa ne pensano loro è evidente: è (anche) grazie a Mandela che ora sono liberi di camminare per le strade, di prendere autobus decorosi, di avere unistruzione come i bianchi, di sposarsi chi vogliono, di votare. Ma da tante piccole cose capiamo che i neri hanno ancora soggezione dei bianchi, e i bianchi, specialmente quelli di etnia boera-olandese, gli afrikaneer, hanno un atteggiamento assai strafottente, anche verso i turisti. Colpisce la totale mancanza di fiducia reciproca: i bianchi hanno case tipicamente inglesi: giardinetto con prato tagliato fine, fioriere, muretti bassi. Solo che il tutto e sormontato e circondato da filo spinato, molto elettrificato. Cartelli minacciosi ricordano che la risposta e armata, ovvero sparano agli intrusi. La poverta e ovunque e, come ci spiega un nuovo amico di colore, quando non sai cosa dare da mangiare ai tuoi figli, ogni mezzo diventa lecito. La criminalità, spiega, è una sorta di ridistribuzione della ricchezza anche se funziona in modo autonomo e soggettivo. Le sere passano al Victoria&Albert Waterfront, lex-porto ora adibito a centro turistico e commerciale. Il Caffè S. Marco, gestito da italiani, è un vero punto di ritrovo: tra bandiere della Ferrari e ottimi cappuccini conosciamo Marco, 28 anni, nato in Sudafrica da genitori italiani emigrati nel dopoguerra. Gestisce unazienda di famiglia e ci introduce nel mondo vero sudafricano. Ci troviamo bene insieme, Marco e gentile e disponibile: ci porta in giro per la citta, di giorno e di notte, ci invita a casa sua a vedere le semifinali del mondiale di Rugby (sport nazionale dei bianchi Sudafricani, quello dei neri e il calcio), ci fa conoscere il sapore dello snoek (pesce tipico di questa parte del mondo) Senza neanche accorgercene, i giorni passano serenamente e allegramente tra visite al giardino botanico, scalate sulla Table Mountain, mercati locali, tentativi di incontro con il mio ex-capo (che, tra le altre attività, e uno dei Re dei diamanti della Namibia e vive a Citta del Capo). Ma e ora di andare, salutiamo i nostri primi amici di questo lungo viaggio (intanto ho scoperto di odiare profondamente i saluti). Facciamo tesoro dei consigli di Marco, affittiamo una macchina (una Toyota Corolla celeste confetto, vecchia e sgangherata, ma meglio cosi, da meno nellocchio) e andiamo a scoprire cosa cè oltre questo emozionante capo che dà il nome alla città.
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