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Piemonte: 4 cose da sapere sui cavatappi di Barolo

Un tuffo tra le braccia di Bacco nel centro più rinomato delle Langhe, un territorio dedicato al vino tutto da vivere, vedere e degustare

Vecchio cavatappi
Courtesy of©Pawel Worytko/iStock
Vecchio cavatappi
Esiste un gesto che, quotidianamente, si compie in maniera automatica senza porsi troppe domande: non c’è pasto che possa dirsi completo senza un buon bicchiere di vino, un rituale piacevole soprattutto quando si è in compagnia. Ebbene sì, dietro a un'abitudine si cela una storia ricca di magia quella del cavatappi, apparentemente un oggetto così semplice che, in realtà, ha qualcosa di affascinante da raccontare perché, per i veri estimatori, il momento dell’apertura di una bottiglia è una vera e propria arte che permette di godere di quello che è considerato uno dei piaceri della vita. Appuntamento a Barolo, un territorio da visitare ma anche da assaggiare pronti ad inebriarsi tra i vigneti e quegli indirizzi intrisi di storia pronti a raccontare il passato e il presente dei famosi cavaturaccioli o cavatappi che dir si voglia.

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LA TRADIZIONE Ebbene sì, quando si va ad aprire una bottiglia, a passare per le mani sono la bellezza di trecento anni di storia: risalire alle origini del cavatappi non è cosa semplicissima ma, a quanto pare, le sue tracce risalgono alla metà del '400 e sono legate all’uso delle armi o meglio alla verga attorcigliata e spiraliforme, utilizzata per rimuovere le palle di piombo incastrate nelle bocche dei cannoni: ad avvalorare questa tesi è il primo brevetto per la produzione dei cavatappi registrato nel 1680 dall’armeria Messrs Holtzapffel di Charing Cross. Il cavatappi però si diffonde soprattutto nella seconda metà del Seicento, quando si iniziò a far invecchiare il vino nelle botti: fu così che fabbri e artigiani iniziarono a produrre queste "viti per bottiglie" facendo la felicità di molti esponenti delle classi sociali più elevate realizzando per loro veri e propri gioielli in oro o argento e impreziositi con avorio, onice, pietre dure e madreperla e con la raffigurazione dello stemma casato o le iniziale del loro nome. A renderlo un oggetto alla portata di tutti fu il brevetto risalente al 1795 i cui meriti vanno all’inglese Samuel Henshall che favorì il passaggio dalla produzione artigianale a quella in serie e ancora, nel 1805, a compiere un altro passo avanti fu Edward Thomason che brevettò il primo cavatappi con una vita applicata a cremagliera che, facendo leva sul perno, permetteva di estrarne il tappo permettendo così di aprire ogni sorta di bottiglia, dalla birra al vino, dai succhi di frutta all’acqua passando per medicine, profumi e inchiostro in quanto vendute con il tappo di sughero. Dal Settecento a oggi non c'è che dire, il cavatappi ne ha fatta di strada e, passando per epoche diverse, ha assecondato mode e gusti sempre diversi.
 
LE CARATTERISTICHE Questo semplice ma utilissimo accessorio nel corso dei secoli ha cambiato tante volte forme e materiali diventando sempre più piccolo, pratico e bello esteticamente parlando: si spazia dai modelli più antichi come quello a vite o a rubinetto a cui hanno fatto seguito, nel 1838, il modello a farfalla, a doppia vite mentre, nel 1860, si giunse a quelli a manovella, a leva etc. Molto diffuso anche il cavatappi meccanico, detto anche a “campana” per la caratteristica forma e ancora quello a leve laterali e, infine, quelli più moderni e tascabili, detti “da cameriere”, là dove la vite rientra nell’impugnatura.
 
IL TERRITORIO A Barolo, per tuffarsi nella cultura del vino, vale la pena fare visita al WiMu, ovvero il Wine Museum, polo espositivo dedicato al vino e alla civiltà enoica sito nelle sale del Castello Falletti; da non perdere inoltre, in quel di Piazza Castello, il Museo dei Cavatappi che, dal 2006, ha trovato ospitalità all’interno dei locali di un’antica cantina sita accanto al Castello Comunale. Si tratta di un piccolo spazio espositivo, un vero e proprio contenitore di meraviglie, pronto a raccontare la nascita e l'evoluzione nei secoli di questo utensile di uso quotidiano grazie al prezioso contributo di Paolo Annoni, un farmacista nato a Torino e trasferitosi nelle Langhe, un grande appassionato e collezionista di cavatappi antichi. Sala dopo sala, attraverso un percorso articolato in 19 sezioni, è possibile ammirare 600 esemplari, da quelli decorativi e figurativi a quelli tascabili, pubblicitari, in miniatura per profumi e medicinali etc. provenienti da tutto il mondo oltre a dare spazio ad attività didattiche e mostre temporanee a tema enologico. Non è tutto, facendo visita al museo è possibile passare dalla teoria alla pratica ovvero concedersi la degustazione di 16 diversi Barolo e Barbaresco pronti a scoprire i grandi vini provenienti dalle vigne del Barolo, del Barbaresco e del Roero.

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INDIRIZZI Quest’anno il Museo dei Cavatappi festeggia 10 anni e, al fine di celebrare l’evento e coinvolgere il pubblico, sono in agenda innumerevoli iniziative, mostre come “Profumo di Cavatappi – L’aristocrazia del cavatappi, tra profumi, essenze e medicinali” in calendario fino l’8 gennaio 2017, esposizione di preziosi esemplari di cavatappi in miniatura realizzati in materiali preziosi e ancora stessa data per “Romano Levi in 100 etichette – Le grappe di Levi della collezione Griva” e, non in ultimo, a rendere movimentata l’atmosfera il 18 giugno 2016 ad andare in scena è il nuovo spettacolo dei Trelilu “C’è già gente?”.
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