Non è un caso che la paella sia nata qui, in un
posto dove cresce il riso, dove si allevano gli animali e si pesca il pesce,
dove si coltivano tutti i tipi di ortaggi. Non è un caso perché è proprio da
questi ingredienti che nasce la vera paella. Furono gli arabi ad
importare il riso e a coltivarlo, la fantasia fece il resto. I contadini
lavoravano nei campi da mattina a sera, per mesi interi, approfittando del
clima mite di cui gode la zona dell’Albufera vicino a Valencia. Le mogli per
pranzo preparavano un piatto di carne stufata, e gli uomini vi aggiungevano
quello che avevano per renderlo più sostanzioso: fagioli, verdura, riso. Così è
nata, più o meno, la paella. Fino al diciannovesimo secolo, il riso alla valenciana,
rimase un piatto dei paesi poveri di provincia fino a quando, con l'arrivo
della ferrovia e le macchine, la ricetta sbarcò nel capoluogo della regione,
Valencia. Raggiunse subito un grande successo fino a diventare il piatto
domenicale di ogni famiglia.
Si dice che i valenciani, per natura, non si
mettano mai d'accordo su niente. Anche con la paella non poteva essere diverso.
Ci sono quelli che la considerano e la definiscono un piatto popolare da
preparare, per definizione, con quello che si ha a disposizione. Ma ci sono
anche i puristi, per i quali esiste solo la "paella de marisco", che
si cucina con prodotti di mare o la "paella mixta" dove si
mischiano carne e pesce. In effetti le ricette di questo piatto possono variare,
in quanto la particolarità della paella non sta negli ingredienti ma nella
cottura del riso. Il principio fondamentale per la preparazione di questo
piatto sta nella cottura armoniosa del riso insieme agli altri ingredienti,
durante la quale il chicco prende tutta la sua morbidezza.
Il piatto prende il nome da paella, che in
lingua originale significa padella, ovvero il basso recipiente di ferro a due
manici nella quale viene cucinata e servita direttamente in tavola. Il calore
sprigionato dal ferro è ideale per cuocere il riso e se il fuoco non è
abbastanza grande per la dimensione della padella, ci si può aiutare con un
paellero, un disco di ferro da mettere sul fuoco per distribuire il calore su
una superficie più ampia. Non a caso gli stessi spagnoli a volte chiamano la paella
erroneamente (e simpaticamente) paellera. Le preparazione è fondamentale. Se si
sbagliano i passaggi, da piatto eccellente la paella diventa una mistura
indefinita di sapori.
Con tutte queste accortezze la paella viene
preparata a Valencia nei tanti ristoranti che hanno fatto di questo piatto il
loro fiore all’occhiello. Come ad esempio “La Pepica” un luogo affollato e
allegro dove si preparano 38 chili di paella al giorno. Ha una storia lunga “La
Pepica”: fu fondata nel 1898 da Francisco Balanguer e da sua moglie. Fu il re
Alfonso XIII a concedere ai Balanguer e “ad altri 44” (come recita l’ordinanza
reale) la possibilità di edificare casette lungo la spiaggia da montare durante
l’estate e smontare d’autunno per servire cibo ai villeggianti. Così fu, fino
al 1923 quando istallarono il primo ristorante vero e proprio oggi gestito dai
nipoti. Per assaggiare invece una paella “creativa”, bisogna andare da “Cà
Sento”. Funghi e tartufo; ecco il segreto del gestore, Vicente Aleixandre.