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Da Milano a Sarzana, gli sdraiati non si fermano

Ci voleva il nuovo film della romana Francesca Archibugi per regalarci un Nord da invidiare.

Lucky Red
Una volta si fregiava del titolo di Capitale Morale, ma i tempi sono cambiati… Eppure la città di Milano sta godendo di un rilancio, mediatico e culturale, capace di riportarla all'attenzione dei più. E delle produzioni cinematografiche. Che pur non avendo mai smesso di considerarla come location per storie di ogni genere, negli ultimi tempi hanno preso a raccontarla in modo diverso, e con sguardi originali. Come quello di Francesca Archibugi che, pur romana di nascita ha voluto omaggiarla nel suo ultimo Gli Sdraiati, film tratto dal libro omonimo dell'altrettanto capitolino (ma solo di nascita, ché la sua biografia lo vede meneghino) Michele Serra nel quale si raccontano i giovani di oggi, in questo caso studenti dello storico Liceo Manzoni di Via Orazio 3.

Si parla di Tito e la sua banda di amici: tutti maschi, troppo lunghi, troppo grassi, troppo magri. Spaccano, rovesciano, inzaccherano, mentono, fuggono, puzzano, e stanno sempre appiccicati, da scuola al divano, dal divano a scuola, fino a che non irrompe Alice. La nuova compagna di classe, occhi azzurri e torvi, parla poco, non sorride mai. Tito si innamora. Ad un colloquio dei professori Giorgio - il padre, uomo realizzato che ne ha l’affido condiviso - scopre con ansia che Alice è la figlia di Rosalba, una donna che era stata a casa loro diciassette anni prima, come domestica e factotum, e che ora riempie le giornate dell'uomo di fantasmi e sensi di colpa.

Ma padre e figlio, oltre a condividere un comune destino e la fatica di crescere, si muovono nelle stesse strade. Quelle scelte dalla regista, che confessa di aver "visto Milano da terrona", cercando "di dare uno sguardo vergine sulla città". Grazie anche alla fotografia di Kika Ungaro che ha raccontato Bosco Verticale, corso Sempione, il Giambellino e molto alto. Come il suddetto liceo Manzoni, da dove partono le vicende dei ragazzi e dove li vediamo muoversi (anche grazie a riprese 'segrete', come quelle girate all’ingresso della scuola, in via Caminadella, mettendo le macchine da presa sul marciapiede opposto, seminascoste). "Girare a Milano è stato come girare all'estero - continua la regista. - Qui abbiamo visto altri licei, ma il Manzoni è stata una scelta antropologica. Mi piace fare film realistici e imparare dalla realtà cose che non sapevo".

E con lei, in molti potranno scoprire angoli diversi del capoluogo lombardo, a partire dalla zona di Varesine, dove vivono Tito e Giorgio, in un appartamento dal quale si possono ammirare il passato e il futuro, Porta Nuova e il suo arco neoclassico o la Torre Diamante (o 'Diamantone') sede del Gruppo BNP Paribas. Ma anche i più conosciuti e consueti, o iconici, come le sculture di Ago, filo e nodo di Claes Oldenburg e signora in piazzale Cadorna o il murales di DAX ODIA al Ponte sul Naviglio Pavese che Claudio Bisio supera passeggiando per via Sforza assorto nei suoi pensieri. Forse sognando le sue fughe - per vendemmie in compagnia, cene amicali o altro - in Liguria, location 'gemella' del film, un altro grande merito del quale è di regalarci un tuffo nella zona di Sarzana, alla tenuta della Ghiaia e nell'affascinante centro storico, e tra Levanto e la Zoagli dove vediamo arrivare in treno Alice, prima di ritovarla al tavolo del Tordo Rosso di Piazza Ventisette Dicembre (o del Municipio), all'ombra dell'imponente viadotto ferroviario a due passi dallo splendido mare.
 
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